I LIBRI DELLA SETTIMANA

19 aprile

Rebecca Solnit, RICORDI DELLA MIA INESISTENZA, Ponte alle Grazie 2021
Questa storia inizia quando, non ancora diciottenne, Rebecca Solnit prende possesso di un piccolo appartamento in un vecchio quartiere di San Francisco dove capita di sentire, certe sere, il suono delle sirene antinebbia mescolarsi al respiro dell’oceano Pacifico. Là inizia la sua ricerca di sé stessa, come persona, come scrittrice e come attivista politica; ricerca che è, in sostanza, una lotta per non scomparire. Perché, spiega Solnit con lucidità e passione, la condizione femminile è fatta di continue e ripetute scomparse, dell’inesistenza e dell’invisibilità così ben descritte in quello che è diventato ormai un classico, Gli uomini mi spiegano le cose. Ma questo libro è anche una dichiarazione d’amore: alla San Francisco dei quartieri storici, degli artisti, del movimento LGBTQ e delle proteste più spettacolari contro le guerre e le discriminazioni; al deserto, alle imponenti catene montuose, dove faticosamente si riaffacciano le culture native e dove si sono svolte storiche manifestazioni antinucleari e per la difesa del territorio. In queste pagine traboccanti poesia seguiamo la giovane Rebecca incontrare persone, paesaggi e storie e condividiamo la sua lotta contro l’inesistenza: la sua e quella delle donne, degli ultimi, degli indifesi.
20 aprile

Linn Ullmann, GLI INQUIETI, Guanda, 2021
Lui è un famoso regista svedese e un uomo che non lascia niente al caso. Lei è sua figlia, la più giovane di nove. Ogni estate, fin da bambina, è andata a trovarlo nella sua amata casa di pietra in mezzo ai boschi su un’isola del mar Baltico. Ora che la figlia è cresciuta ed è diventata una scrittrice, il famoso regista, sulla soglia degli ottant’anni, vuole scrivere un libro a quattro mani sulla vecchiaia. Ha paura di perdere la parola, la memoria. Invecchiare è un lavoro duro, dice. Seguono telefonate, lettere, incontri per raccogliere il materiale. Ma quando finalmente la figlia lo raggiunge sull’isola, per iniziare la stesura vera e propria, il tempo ha ghermito per sempre il regista, e alla fragilità fisica si è aggiunto il declino mentale. Alla donna non resta che immergersi nei ricordi e reinventare la storia di un padre, una madre e una figlia. Di una bambina che non vede l’ora di crescere e di due genitori che preferirebbero essere bambini. Questo libro nasce da qui, da una miscela di ricordi e finzioni (la Ullmann è figlia del grande regista Ingmar Bergman e dell’atrice Liv Ullmann), per restituirci una rappresentazione di quanto complessa può essere la famiglia; una riflessione profonda e poetica sulla memoria e sulla perdita, sull’arte, su cosa significhi crescere e invecchiare in una famiglia molto particolare e sulle numerose narrazioni che compongono una vita.
21 aprile

Piersandro Pallavicini, L’ARTE DEL BUON UCCIDERE, Mondadori, 2021
Autore di “commedie italiane” di successo, Pallavicini accende il suo allegro cinismo a maggior disdoro di quelle categorie di persone che volentieri siamo concordi nell’etichettare come intollerabili: il so-tutto-da-bar, il marcatore territoriale, l’inventore del cannone sparafoglie, la paranoide scientifico-ossessiva, l’anziano su internet, i diapositivisti delle vacanze nell’epoca del digitale, lo spara-stato-di-salute altrimenti detto il “Rigor mortis”, ecc ecc. Di ciascuna tipologia si raccontano le caratteristiche e i guasti prodotti e si propongono le modalità di una soppressione radicale a fin di bene. Fra l’una e l’altra eliminazione (preparata da abbondanti prove a carico dell’infausto personaggio) ci sono le tipologie che suscitano raptus letali, e lì si arriva al “mai più” del “buon uccidere” senza troppe remore. L’arte del buon uccidere è una scuola efferata contro le efferatezze della noia, del fastidio, dell’ingombro. Viene da lontano, e va lontano, perché noia e fastidio fanno ridere, e la comicità, come è noto, prolunga la vita.
22 aprile

Michele Tetro, SPAZIO IL VUOTO DAVANTI: LE DISTESE COSCMICHE TRA STORIA, SCIENZA, NARRATIVA, ARTE E CINEMA, Odoya 2021
“Universo”, “spazio”, “cosmo”… le definizioni stesse che oggi abbiamo di questi concetti, rapportati ai nostri sensi e in continuo mutamento, vanificano immancabilmente ogni tentativo di appropriarsi adeguatamente della materia in oggetto. Com’è possibile confrontarsi con qualcosa che ha un diametro di 92 miliardi di anni luce ed è “nato” più o meno 13 miliardi di anni fa da un’inconcepibile esplosione progressiva, ancora oggi in fase di espansione? Tali grandezze sfuggono a ogni tentativo di reale comprensione della mente umana, che è costretta ad addomesticare, ridurre e comprimere una realtà altrimenti così “oltre” ogni parametro di umana consapevolezza da risultare alla fine illeggibile, estranea e aliena. A nostra disposizione abbiamo due soli strumenti per azzardare timide esplorazioni al di là della nostra realtà terrena: la scienza e la fantasia. Tali strumenti rappresentano una bussola utile per non perderci nel gran mare di soli che, dagli inizi dei tempi, ci attira così prepotentemente, quasi a vantare un misterioso e ineffabile legame pulsante con le stelle e il vuoto, un richiamo insistente da parte delle nebulose stellari che riempiono di meraviglia e terrore l’animo umano. In questo libro si evidenzia come l’uomo sia stato in grado (se poi lo è stato davvero) di “appropriarsi” del cosmo, dello spazio interstellare, dell’Universo infinito attraverso il mito, le visioni prescientifiche, l’arte, la scienza, l’esplorazione spaziale, la narrativa, l’illustrazione, il cinema e l’arte. Tentare di comprendere lo spazio è forse il più alto momento di gloria concesso all’essere umano, e le insondabili distese cosmiche sono il definitivo attrattore del nostro pensiero.
23 aprile

Jessica Bruder, NOMADLAND. UN RACCONTO D’INCHIESTA, Edizioni Clichy, 2020
Ogni giorno in America, il Paese più ricco del mondo, sempre più persone si trovano a dover scegliere tra pagare l’affitto e mettere il cibo in tavola. Di fronte a questo dilemma impossibile, molti decidono di abbandonare la vita sedentaria per mettersi in viaggio. In un mondo in cui basta un ricovero in ospedale al momento sbagliato per mandare in fumo i risparmi di una vita, in cui la previdenza sociale è praticamente inesistente e il peso dei debiti spinge molti alla disperazione, donne e uomini in età da pensione hanno iniziato a migrare da un lato all’altro del Paese attraverso i mezzi di trasporto più vari, tra un lavoro precario e l’altro. Tra loro Linda May: una nonna di 64 anni, dai capelli grigi, che vive viaggiando su un 28 piedi, e Bob Wells, diventato vero pilastro della comunità dei nomadi dopo anni di sofferenza e fallimenti. Nomadland, nato dall’inchiesta «Dopo la pensione» (vincitrice del Premio Aronson 2015 per il giornalismo sulla giustizia sociale) ci accompagna in un viaggio indimenticabile attraverso la vita, i sogni e le speranze di questi nomadi del terzo millennio, per scoprire che, squarciato il velo illusorio del Sogno Americano, al di là è forse possibile scorgere una nuova realtà, più umana, più solidale, più bella.
 
Da questo libro è stato tratto l’omonimo film vincitore del Leone d’Oro alla 77a Mostra del Cinema di Venezia
24 aprile

Annie Ernaux, LA DONNA GELATA, L’orma 2021
L’educazione sociale, sentimentale e sessuale di una donna dalla provincia francese degli anni Quaranta alla temperie di liberazione degli anni Settanta.
Le scoperte e i tabù dell’infanzia, gli ardori e i conformismi dell’adolescenza, gli anni trepidi e indipendenti dell’università, ingolfati di amori e di scelte, finché i mille bivi della giovinezza non convergono in un’unica via dalla forza di attrazione quasi irresistibile: il matrimonio, la fondazione di una famiglia. E qui lo squilibrio di ruoli e mansioni tra moglie e marito, tra madre e padre condanna l’autrice alla glaciazione dell’interiorità e del desiderio.
In un continuo contrappunto tra le proprie esperienze e i modelli imposti dall’onnipresente universo maschile – nel sussidiario delle elementari come nei riti collettivi della gioventù e nei luoghi comuni sulla «femminilità» –, Annie Ernaux descrive con precisa passione l’apprendistato alla disparità di una donna, consegnandoci con spietata limpidezza un’impareggiabile radiografia della moderna vita di coppia.
https://www.minimaetmoralia.it/wp/letteratura/la-donna-gelata-di-annie-ernaux/
25 aprile

Richard Ovenden, BRUCIARE I LIBRI. LA CULTURA SOTTO ATTACCO: UNA STORIA MILLENARIA, Solferino 2021
La memoria nasce con la civiltà, e così la sua conservazione. Non a caso la storia narrata in questo libro parte da Assurbanipal e arriva fino a oggi. L’atto del conservare non è mai neutrale: già il re assiro faceva della sua biblioteca un segno e uno strumento di potere. Ancora meno neutrale è l’atto del distruggere: i roghi nazisti di libri ne sono l’esempio più tristemente celebre. Ma c’è un altro modo, meno plateale, per cancellare un patrimonio: non prendersene adeguata cura. Gli episodi «distruttivi» di diversa natura sono cresciuti, in frequenza e intensità, nell’era moderna, e da quando il digitale ha squadernato le sue immense potenzialità. Risultando, al contrario, l’ennesima minaccia, e forse la più insidiosa.
La trasmissione delle idee, la certezza del diritto, la ricostruzione della storia dipendono da biblioteche e archivi. Ogni offesa, per intenzione o per incuria, a questi luoghi, mette in pericolo l’accesso ai fondamenti della nostra identità. Dal mitico incendio della biblioteca di Alessandria allo scandalo Windrush: ognuno degli episodi narrati in questo libro dimostra che per accertare la verità bisogna conservarla e per far crescere il sapere bisogna diffonderlo, e che senza biblioteche e archivi in buona salute nessuna delle due cose è possibile.
Secondo Thomas Jefferson «chi riceve un’idea da me impara qualcosa senza togliermi nulla; allo stesso modo, chi accende il suo stoppino dal mio riceve luce senza lasciarmi nell’oscurità». Le biblioteche e gli archivi mantengono questa promessa e, se oggi questa fiamma continua a vivere, lo dobbiamo a chi li ha protetti. Persone coraggiose, dotate di curiosità, iniziativa, senso di responsabilità, oppure disobbedienti: se Max Brod avesse rispettato le disposizioni testamentarie dell’amico Franz Kafka, non avremmo mai letto Il processo. 
Questo libro è un ispirato manifesto in difesa dei luoghi che conservano la cultura, un omaggio agli uomini che hanno creduto, spesso a caro prezzo, nella loro funzione essenziale per la società tutta.