I LIBRI DELLA SETTIMANA
24 gennaio
Patrick Modiano, INCHIOSTRO SIMPATICO, Einaudi 2021
L’ultimo giorno di servizio, prima di lasciare l’agenzia di Hutte, Jean ha infilato nella sua valigetta una cartellina azzurra: il fascicolo su Noëlle Lefebvre. Jean, che ha poi cambiato mestiere – e tante vite –, conserva ancora il documento, l’unica traccia di quel periodo della sua giovinezza e del primo caso che Hutte gli aveva affidato in una primavera parigina di tanti anni prima. Una scomparsa misteriosa, quella di Noëlle, la cui stessa identità sembra un rebus. Persino il cliente che si era rivolto a Hutte per ritrovarla, un certo Brainos, aveva fornito informazioni vaghe. Una scheda composta di tre brevi paragrafi, un indirizzo del quindicesimo arrondissement, una cartolina del fermoposta con una foto troppo scura: di questo e di poco altro disponeva Jean per le sue indagini. Poi, grazie all’incontro fortuito con l’enigmatico Gérard Mourade, Jean era entrato in possesso dell’agenda di Noëlle. Qui, annotati in inchiostro blu in corrispondenza di alcune date, orari di treni, indirizzi incompleti, numeri di telefono, i versi di una poesia, e ancora nomi di luoghi e persone – il Dancing de la Marine, il castello di Chêne-Moreau, Pierre Mollichi, Miki Durac, Georges, Roger… Alla fine di una serie di tentativi inconcludenti e secondo le indicazioni di Hutte, Jean aveva abbandonato le ricerche, ma le parole vergate da Noëlle, insieme a tutti gli altri particolari della sua scomparsa, hanno continuato a riecheggiare in lui negli anni successivi. Allora gli indizi, dapprima indecifrabili, o invisibili, si sono rivelati di volta in volta sotto una luce nuova, per caso. Noëlle è per Jean come un ritornello che riaffiora inaspettato: per scoprire l’origine di quella melodia, Jean dovrà immergersi nelle profondità dei suoi ricordi e ricostruire l’itinerario tra memoria e oblio che lui e Noëlle hanno percorso insieme, inconsapevolmente. Le acque cristalline del lago di Annecy, certi vicoli deserti e silenziosi vicino al lungosenna, la Sologne, e poi l’Italia, forse Roma. E se fosse qui, nell’affascinante capitale italiana, che Jean potrà finalmente incontrare il passato, e conoscere la verità?
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25 gennaio
Fabio Zuffanti, SEGNALI DI VITA. LA BIOGRAFIA DE «LA VOCE DEL PADRONE» DI FRANCO BATTIATO, Baldini e Castoldi 2021
Il 21 settembre 1981 è una data scolpita nella Storia della musica italiana: quel giorno Franco Battiato pubblica il suo undicesimo album, La voce del padrone. È il più pop e al tempo stesso il più difficile, infatti che cosa vorrà mai dire «cerco un centro di gravità permanente»? E un’atmosfera così festosa, i testi quasi incomprensibili ma che rimango- no subito in mente, le musiche coinvolgenti ma spiazzanti, che cosa significano? Questo disco non è meno raffinato dei precedenti, anzi, però ha qualcosa che agli altri mancava: una volontà di comunicazione, di stupire sin dal primo ascolto, e il proposito, quasi folle, di arrivare all’immaginario collettivo pur nella complessità di riferimenti, giochi di parole, ermetismo. In ogni caso, Battiato ci riesce: La voce del padrone diventa il disco più venduto di sempre in Italia (oltre un milione di copie). E oggi è ancora venerato: appena set- te tracce, mezz’ora di melodie perfette impresse nella me- moria di intere generazioni. Per l’eternità, come capita solo ai capolavori. Segnali di vita, scritto da uno dei massimi esegeti del Maestro siciliano, ripercorre la genesi dell’opera: gli ante- fatti, la creazione di un personaggio scostante e irresistibile, le ragioni di un record così clamoroso, il contesto sociale e musicale nell’Italia di quegli anni, la voglia del Nostro di non ripetersi mai, il suo desiderio di sbancare le classifiche ma di continuare le sue ricerche senza clamori, lo studio dettagliato del metodo compositivo, delle registrazioni, della copertina, delle singole canzoni, l’impatto sul pubblico. Soprattutto su un ragazzino di 13 anni che, grazie a questo album, imparerà ad amare visceralmente la musica e si porrà molte domande su ciò che Battiato voleva comunicare e su quanto ci fosse da imparare grazie a lui. Fino a rendersi conto che La voce del padrone sarebbe diventato il disco che più di ogni altro gli avrebbe cambiato la vita. A lui, come a tantissimi altri.
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26 gennaio
Antony Gormley e Martin Gayford , PLASMARE IL MONDO. LA SCULTURA DALLA PREISTORIA AD OGGI, Einaudi 2021
La scultura è un’arte universale, che risale a un lontanissimo passato ed è praticata da tutte le culture del mondo. Le prime pietre sagomate giunte fino a noi potrebbero persino precedere l’avvento del linguaggio. L’impulso a dare forma a pietra, argilla, legno e metallo è profondamente radicato nella nostra psiche e biologia. Per questo, chiedersi cos’è la scultura equivale in un certo senso a chiedersi cosa sia l’umanità. In questo libro, due voci complementari – una di un celebre artista attento alle tradizioni asiatiche e buddhiste quanto alla storia della scultura occidentale, l’altra di un critico e storico dell’arte – considerano come la scultura sia stata centrale per l’evoluzione della sensibilità e del pensiero dell’uomo. La scultura non può essere vista esclusivamente come una ricerca estetica; essendo invece legata all’irresistibile istinto umano a lasciare un segno nel paesaggio, a costruire, a dare forma a un credo religioso come ad articolare un pensiero filosofico.
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27 gennaio
Alberto Orioli, DODICI PRESIDENTI: VITE DA QUIRINALE DA DE NICOLA A MATTARELLA, Il Sole 24 ore 2021
Le vite dei dodici Presidenti sono un viaggio nella storia dell’Italia così come la si vede scorrere dal Palazzo del Quirinale. La storia di un potere che non vorrebbe esserlo. Ma c’è. E pesa. Il Capo dello Stato è, innanzitutto, una persona e porta nel ruolo carattere, inclinazioni, credo e cultura. Che sono suoi e soltanto suoi.
Dalle macerie del Secondo Conflitto Mondiale all’emergenza pandemica, passando per il boom economico, la Guerra Fredda e gli anni di piombo e delle contestazioni. Dietro le quinte o sul palco, ma mai spettatori, dodici uomini hanno lasciato, ciascuno a suo modo, e con la forza delle proprie idee, un’impronta indelebile nella storia del Paese. Orientandone il corso dal Colle più alto della Capitale. Sono i dodici Presidenti della Repubblica Italiana avvicendatisi in 75 anni.
Il primo fu Enrico De Nicola, monarchico convinto
Da Enrico De Nicola, il presidente provvisorio come amava definirsi, grande giurista napoletano, superstizioso, teatrale nelle sue reiterate dimissioni, monarchico convinto. Fino a Sergio Mattarella, “il presidente della forza tranquilla che ha dovuto gestire una tra le più turbolente fasi della storia politica”. Sentinelle dei valori e dei principi che hanno ispirato la nascita e la vita della Repubblica Italiana.
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28 gennaio
Roberto Mercadini, LA BOMBA ATOMICA, Rizzoli 2021
Sappiamo tutti come va a finire, e quindi che senso ha raccontare la storia della bomba atomica? Nessuno, in apparenza. Il mattino del 6 agosto 1945 il primo ordigno viene sganciato sulla città di Hiroshima e fa circa 166.000 morti, seguito tre giorni dopo dal secondo, su Nagasaki. La sorpresa però, ci svela Mercadini con una prosa brillante e insieme rigorosa, non sta nel finale, bensì nei singoli passaggi, negli innumerevoli dettagli e casualità – un presidente che sale al potere nel momento sbagliato, Nobel consegnati per errore, fisici convinti di doversi opporre ai marziani, piste sbagliate… – che portano all’esplosione di Fat Man e Little Boy: la più grande catastrofe della Storia del Novecento, forse, e cartina al tornasole della follia di un destino che si realizza per vie tortuose e inaspettate. Prendendo spunto da uno dei suoi monologhi più riusciti, Roberto Mercadini ci racconta protagonisti e retroscena di quell’evento devastante, e traccia una mappa del mondo che dimostra come l’assurdo sia la più potente molla evolutiva.
Vincitore del torneo letterario Robinson
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29 gennaio
Franco Cardini, DIMORE DI DIO: DOVE ABITA L’ETERNO, Il Mulino 2021
È diffusa l’opinione che Dio sia già sceso almeno una volta sulla terra per venirci a cercare, accettando per questo, lui, re del cielo, di giacere bambino in una grotta. Spetta a noi adesso andare a cercarlo. Ed è così che l’uomo da sempre costruisce templi per incontrare Dio. Dov’è Dio? Dalla più remota antichità e dai recessi più profondi dell’inconscio, il suo silenzio ci ha parlato in infiniti modi. Lo abbiamo colto nei misteri della natura e nelle meraviglie dell’arte tutte le volte che, al di là dei limiti del visibile e del comprensibile, abbiamo visto una luce e sentito vibrare il suono della sua potenza. Prendendo le mosse dalla ricerca di un divino immaginato e sperato, questo libro approda alle immagini concrete di come Dio si sia proposto nelle opere dell’uomo, in quelle forme architettoniche spesso perdute, malintese e dimenticate del santuario, del tempio, della sinagoga, della cattedrale, della moschea. Un percorso drammatico e intenso verso i luoghi dell’eterno a misura d’uomo.
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30 gennaio
Thomas Savage, IL POTERE DEL CANE, Neri Pozza 2017
Pubblicato per la prima volta nel 1967, Il potere del cane è un’opera che depone i fronzoli della retorica e, con una prosa essenziale ma efficace, tratteggia con tinte livide una torbida vicenda familiare, capace di confermare la posizione centrale di Thomas Savage nella grande letteratura americana.
Montana, 1924. Tra le pianure selvagge del vecchio West, a cui fa da sfondo una collina rocciosa che ha la forma di un cane in corsa, sorge il ranch piú grande dell’intera valle, il ranch dei fratelli Burbank. Phil e George Burbank, pur condividendo tutto da piú di quaranta anni, non potrebbero essere piú diversi. Alto e spigoloso, Phil ha la mente acuta, le mani svelte e la spietata sfrontatezza di chi può permettersi di essere sé stesso. George, al contrario, è massiccio e taciturno, del tutto privo di senso dell’umorismo. Insieme si occupano di mandare avanti la tenuta, consumano i pasti nella grande sala padronale e continuano a dormire nella stanza che avevano da ragazzi, negli stessi letti di ottone, che adesso cigolano nella grande casa di tronchi. Chi conosce bene Phil ritiene uno spreco che un uomo tanto brillante, uno che avrebbe potuto fare il medico, l’insegnante o l’artista, si accontenti di mandare avanti un ranch. Nonostante i soldi e il prestigio della famiglia, Phil veste come un qualsiasi bracciante, in salopette e camicia di cotone azzurra, usa la stessa sella da vent’anni e vive nel mito di Bronco Henry, il migliore di tutti, colui che, anni addietro, gli ha insegnato l’arte di intrecciare corde di cuoio grezzo. George, riservato e insicuro, si accontenta di esistere all’ombra di Phil senza mai contraddirlo, senza mai mettere in dubbio la sua autorità. Ogni autunno i due fratelli conducono un migliaio di manzi per venticinque miglia, fino ai recinti del piccolo insediamento di Beech, dove si fermano a pranzare al Mulino Rosso, una modesta locanda gestita dalla vedova di un medico morto suicida anni prima. Rose Gordon, si vocifera a Beech, ha avuto coraggio a mandare avanti l’attività dopo la tragica morte del marito. Ad aiutarla c’è il figlio adolescente Peter, un ragazzo delicato e sensibile che, con il suo atteggiamento effeminato, suscita un’immediata repulsione in Phil. George, invece, resta incantato da Rose, al punto da lasciare tutti stupefatti chiedendole di sposarlo e portandola a vivere al ranch, inconsapevole di aver appena creato i presupposti per un dramma che li coinvolgerà tutti. Perché Phil vive il matrimonio del fratello come un tradimento e, proprio come il «cane sulla collina» lanciato all’inseguimento della preda, non darà tregua a Rose, a Peter e anche al suo amato George, animato dall’odio nella sua forma piú pura: l’odio di chi invidia.
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