I LIBRI DELLA SETTTIMANA

1 luglio

Haydn Middleton, LA BALLATA DI SYD & MORGAN, Atlantide 2024
1968, Cambridge. Un bellissimo giovane che calza stivali di serpente e indossa una giacca di velluto color mattone percorre Silver Street diretto verso il King’s College: è Syd Barrett dei Pink Floyd, ha ventidue anni e la sua destinazione è la casa del grande romanziere edoardiano ottantanovenne E.M. Forster. Il loro incontro darà vita a un dialogo fitto e toccante tra due uomini appartenenti alle opposte estremità del Ventesimo secolo, che si scopriranno accomunati da demoni simili e dolori speculari, nonché dal dono di un immenso impulso creativo che troppo spesso si trasforma in fardello. E. M. Forster smise di scrivere romanzi all’età di 45 anni, Syd Barrett dopo aver lasciato i Pink Floyd darà vita a due album leggendari per poi probabilmente non scrivere più musica.
Evocando lo spirito irriverente di Pan come patrono della conversazione tra Syd e Morgan, Haydn Middleton mette in scena un incontro immaginario, ma sorprendentemente vero, tra due delle più influenti e originali figure della cultura inglese mentre scoprono il fondamentale e luminoso conforto che deriva dal non sentirsi più soli di fronte al mondo.
2 luglio

Alessandro Apreda, NON ERA COSÌ COLORATO, Editoriale Cosmo 2024
Forse lo conoscete già perché Alessandro Apreda è in realtà il mitologico DocManhattan, animatore di uno dei più importanti blog italiani di cultura pop, il fondamentale “Antro atomico del Dr. Manhattan”. Dopo aver scritto centinaia fra articoli, saggi, recensioni e ben 7 libri di narrativa e fumetti originali come Tokyo – La guida nerd, La storia dei Masters (con Emiliano Santalucia) e Rim City (con disegni di Daniele Orlandini) Alessandro approda alla narrativa tout court con un romanzo di formazione che parla degli anni Ottanta e di ciò che ci rende quello che siamo.
3 luglio

Daniele Piccini, CANZONIERE SCRITTO SOLO PER AMORE, Interno Poesia 2024
Dopo quasi vent’anni dalla prima edizione, torna in libreria il “Canzoniere scritto per solo amore” di Daniele Piccini, con l’aggiunta di nuovi materiali, per un’inedita esplorazione della figura del padre, quasi una ripresa di quello di Caproni per l’amata madre, lo struggente e lievissimo “Seme del piangere”. È un fatto che il dolore è visitato, in ogni vera esperienza che si fa di esso, da un soffio potente, che rimanda alle cose ultime, alla promessa di rivedersi ancora; il libro di Piccini è tutto intessuto su questa nota: l’assente è un cavaliere di misteriosa fortuna, come dice il poeta, che lo precede ancora una volta, che gli fa strada. Non è vero, no, che di lui, del padre-ragazzino, non rimanga niente. Il padre è il sorriso stesso, è la chiamata a vivere, e non può che aspettarci dove si trova, lì dove si è nascosto agli occhi. È perciò tutto un inseguire le tracce che ha lasciato, fino alla scoperta di una più piena presenza, di una intimità tale con il padre da divenire una cosa sola con lui. La figura amata è dentro di noi, è a un passo: abbi il coraggio e la pazienza di acuminare lo sguardo, dice il poeta, e la ritroverai. Così di ogni amato perduto, assente.
4 luglio

Victor De Àrbol, NESSUNO SU QUESTA TERRA, Elliot 2024
Un noir intenso che si muove su più livelli, narrato anche dal punto di vista dell’assassino, sorretto da una lingua elegante e da uno sguardo coraggioso sulle vertigini dell’animo umano.
Quando scopre di essere malato, l’ispettore Julián torna nel suo villaggio in Galizia dopo trent’anni di assenza per ritrovare gli amici d’infanzia, ragazzi selvaggi guidati dal motto “noi contro tutti”. È stato appena sospeso dal servizio in polizia per aver aggredito brutalmente un illustre uomo d’affari, un’azione su cui non ha voluto dare alcuna spiegazione. Ma il ritrovarsi tra vecchi amici non ottiene i risultati sperati e il ritorno a Barcellona di Julián inizia a coincidere con una serie di morti nelle quali, in un modo o nell’altro, lui sembra implicato. Quando persino la fedele amica e collega poliziotta Virginia inizia a dubitare di lui, l’uomo si ritrova in una sorta di terra di nessuno, e il lettore resta solo di fronte a interrogativi fatali: Julián è davvero l’irreprensibile poliziotto che tutti credono? E chi è il killer che semina cadaveri al suo passaggio?
5 luglio

Yannick Noah, Antoine Benneteau, 1983, Fandango 2024
Questo libro non è una biografia, ma piuttosto una galleria di tutti i momenti che hanno reso Yannick Noah uno dei più grandi tennisti francesi di tutti i tempi.
La sua brillante carriera, culminata nella vittoria al Roland Garros del 5 giugno 1983, viene ricostruita in modo commosso e incalzante attraverso gli incontri e i suoi allenatori, come Patrice Hagelauer, che lo ha seguito per undici anni.
Yannick, un giovane “café au lait” (come amava definirsi, nato da madre bianca e padre nero) che ha iniziato dal nulla e ha costruito la propria carriera quasi da solo, con un fisico acrobatico, atletico, vincente, con una personalità carismatica, eclettica, con la determinazione che gli ha permesso di inventare un modo di allenarsi molto moderno, lontano dai media.
Quello che rimane della vita di un grande tennista, di un vero campione, si ritrova nel presente: Noah è stato ed è tuttora un uomo poliedrico e pieno di sfumature.
Dopo l’abbandono dei campi e un periodo da capitano della squadra francese di Coppa Davis, si è esibito come cantante e artista.
Sempre però accompagnato da un tratto distintivo: non si è mai distaccato dalle sue origini africane.
L’ennesima riprova nel 2017 quando, dopo la scomparsa del padre, ha ereditato il ruolo di capo villaggio del distretto di Etoudi, in Camerun, suo paese d’origine, dove in prima persona si occupa del benessere di bambini e anziani, trascorrendo lì dai sei ai sette mesi all’anno.
La storia di un mito che ha segnato il tennis europeo e mondiale e di un uomo alla continua ricerca della propria strada.
6 luglio

Te-Ping Chen, TERRA DEI GRANDI NUMERI, Racconti 2023
È un normale giorno di mercato quando in un villaggio anonimo e millenario irrompe il qiguo, un frutto dolcissimo che prima delizia tutti infondendo ottimismo e poi li strazia, facendo riemergere i drammi e le bugie di un passato collettivo mai davvero espiato. Come quello di Bayi, che in fuga da un ex tossico prova a rifarsi una vita in una città dove i bollettini quotidiani esortano al buonumore mentre i contestatori vengono fatti sparire. Nella nuova Cina il riscatto sembra mescolarsi inevitabilmente all’illusione, soprattutto personale: Cao Cao si arrabatta fra gli scarti del paese per costruire una macchina volante e ingraziarsi finalmente un disinteressato funzionario del Partito Comunista; Zhu Feng punta tutto sugli indici del mercato azionario, smarrendo se stesso. Sono parabole individuali di un popolo proverbialmente compatto e contraddittorio, come i pendolari della stazione di Gubeikou, costretti da un guasto alla linea a ridefinire una società in miniatura in cui alla libertà vengono preferite la disciplina e le promesse di un’intera nazione. Al cuore di questi dieci racconti ci sono personaggi teneri, bizzarri, talvolta inquietanti e spesso molto soli, persi nei grandi numeri della loro terra e forse uniti da un anelito di rivalsa che non è solo economica o sociale ma riguardalo scarto tra generazioni, il tentativo di costruirsi un’identità fra ingerenze governative e nuovi modelli culturali – come a voler trovare il centro di una condizione esistenziale che appare sempre in bilico. Alternando favole cupe a storie più realistiche e taglienti, Te-Ping Chen ci restituisce un ritratto della Cina, e della diaspora negli Stati Uniti, tanto delicato quanto impietoso.
7 luglio

Valentina Tanni, EXIT REALITY. VAPORWAVE, BACKROOMS, WEIRDCORE E ALTRI PAESAGGI OLTRE LA SOGLIA, Produzioni Nero 2023
«Internet è un’entità aliena», annunciava David Bowie nel 1999: oggi la profezia si è avverata, e i nostri strumenti digitali sono diventati portali magici dalle proprietà misteriose, finestre che affacciano su una dimensione al limite tra sogno e realtà. Oltre lo specchio degli schermi che teniamo comodamente in tasca, abbiamo scoperto una regione infestata da presenze strane – a volte minacciose, a volte surreali, a volte affascinanti, altre volte insensate. Sono le stesse presenze che, negli ultimi quindici anni, hanno plasmato le cosiddette «estetiche di internet», quell’insieme di sottoculture, narrazioni popolari e linguaggi visivi e sonori grazie ai quali l’entità aliena si è finalmente dichiarata al genere umano. La rete si rivela allora per quello che davvero è: una soglia tanto fisica quanto mentale in cui accadono cose bizzarre, il tempo viene deformato, e noi ci ritroviamo ad abitare una dimensione intermedia, un territorio che non è «né di qua né di là». Exit reality è il primo tentativo di mappare un mondo che, intriso di spiazzanti qualità allucinatorie, ci appare come un pianeta parallelo emerso dalle galassie del codice-spazio.